Sostenibile non basta perché dopo decenni di sfruttamento incondizionato di terreni e risorse l’equilibrio non è solo da ritrovare, ma proprio da ricostruire.
Daniele, Sara, Matteo e Gaia lo hanno capito prima di molti e ne hanno fatto una missione.
“C’è bisogno di fare di più, c’è bisogno di un’agricoltura in grado di rigenerare il suolo che per molti anni ha dato senza mai ricevere nulla in cambio. Non si può considerare il terreno come un semplice fattore della produzione da consumare e sfruttare a piacimento.
I miei studi e gli occhi aperti verso il mondo mi hanno portato a conoscere un nuovo tipo di agricoltura. O meglio, un nuovo modo di essere agricoltore; negli ultimi anni sto spingendo il mio approccio alla gestione aziendale ben oltre i disciplinari dettati dall’agricoltura biologica. Per questo c’è bisogno di provare, fare, osare”.
Queste parole sono di Daniele ma potrebbero tranquillamente essere nostre, perché le condividiamo al 100%.
Il progetto Podere Cimbalona
Daniele, insieme alla moglie Sara, è il titolare dell’Azienda Agricola Podere Cimbalona, che nella pianura romagnola – più precisamente tra Faenza e Forlì – produce frutta e ortaggi certificati biologici utilizzando solo metodi di coltivazione naturali, nel massimo rispetto della fertilità della terra e delle persone che ne traggono sostentamento.
Da qui l’idea di utilizzare il sistema dei letti permanenti, che prevede che una volta individuata la zona da coltivare, il terreno non venga più lavorato, così da limitarne il disturbo e tutelarne la microfauna.
Inoltre, ogni zona coltivata viene mappata per progettare un’adeguata rotazione delle colture e preservarne lo stato di salute senza dover ricorrere ai concimi.
“Come contadino” spiega Daniele in un video che vi suggeriamo di vedere “ho dovuto fare un grande passo indietro rispetto all’agricoltura che facevo prima. Ora sono molto più consapevole dell’importanza che ha il terreno su cui crescono le piante. Nel mio tipo di agricoltura cerco sempre di concentrarmi sul prodotto finale senza forzare la produzione. Devo sempre ricordarmi che sto producendo qualcosa che qualcuno mangerà, e che quindi deve essere sano, fresco e nutriente senza compromettere il terreno su cui poi anche le generazioni future dovranno poter contare”.
Il progetto Apis Organic
E poi c’è Apis Organic. Quella di Gaia e Matteo è una giovane azienda agricola situata tra le colline della Tuscia, nell’alto Lazio, a pochi chilometri dalla città di Viterbo e dal Lago di Bolsena. Un luogo incantevole, meraviglioso, che abbiamo avuto la fortuna di scoprire grazie a loro e che lo scorso Capodanno ci ha regalato un cielo stellato che difficilmente dimenticheremo.
Il progetto ha trovato le sue radici più robuste nei principi dell’agricoltura rigenerativa, che mira ad aumentare la biodiversità ed arricchire i suoli fino ad incrementare la complessità dell’ecosistema e renderlo resiliente ai cambiamenti climatici (volete saperne di più? Ne avevamo parlato anche qui).
Anche per loro quindi, come per Daniele e Sara e per noi, tutto parte dal suolo, “un macroorganismo vivente complesso e dinamico, senza il quale non sarebbe possibile la vita sulla Terra”. Un elemento da tutelare riducendo al minimo le lavorazioni ed evitando l’uso di erbicidi e pesticidi, che minacciano proprio la sua straordinaria complessità.
“Fare tabula rasa espone la natura al suo deperimento, all’attacco di patogeni più aggressivi, all’erosione” scrivono sul loro sito. “Le alternative sono tante: propoli, macerati autoprodotti, trappole a ferormoni, lotta biologica con altri animali e tanto altro”.
Nei bellissimi spazi che hanno scelto per Apis, Gaia e Matteo producono diverse tipologie di miele ma anche ortaggi, frutta fresca o trasformata in confetture e conserve, un eccellente olio D.O.P Tuscia, prodotti da forno e erbe aromatiche.
Entrare profondamente in connessione
Daniele, Sara, Matteo e Gaia abitano ad un discreto numero di chilometri da noi ma è come se fossero qui, vicinissimi, ad arrabbiarsi e gioire insieme con noi.
E non solo perché ci scrivono spesso ed acquistano il nostro riso, ma perché hanno scelto di approcciarsi a questo mestiere con una passione, un rispetto e una cura in cui ci riconosciamo.
Il primo contatto tra di noi è avvenuto sui social e si è poi evoluto ed intensificato, diventando una componente fondamentale del nostro esserci.
È grazie a loro, infatti, se non ci sentiamo più così soli e “diversi”.
È grazie a loro se abbiamo scoperto di praticare qualcosa che ha un nome e che si chiama “agricoltura rigenerativa”.
Ed è grazie a loro se possiamo guardare al futuro con una fiducia rinnovata.
“Sostenibile” non è abbastanza perchè
Scriveva Sara in una mail qualche giorno fa:
“Spesso, sia chi segue i disciplinari di agricoltura biologica sia chi segue i disciplinari di agricoltura convenzionale, limitatamente finisce per attenersi ad una serie di disposizioni e la differenza tra l’uno e l’altro metodo si riduce a ciò che ‘si può usare’ e ciò che ‘non si può usare’.
Noi siamo convinti che dietro all’attività agricola debba esserci un pensiero, un approccio e non una lista di regole.
Le sfide che vengono poste negli anni futuri a chi, come noi, si occupa di produrre cibo, sono difficili e innumerevoli. Carenza idrica, cambiamenti climatici, salute. Sentiamo forte la responsabilità di agire concretamente nel nostro piccolo e crediamo che fare, condividere, divulgare sia il nostro ruolo da giocare nella comunità”.