Crisi climatica, nelle risaie e tra le pagine di un libro

Un tema dibattuto, un osservatorio speciale, un incontro sorprendente e una pubblicazione da non perdere. Dati, informazioni e spunti per riflettere sulla crisi climatica.

Questo articolo, dedicato ad un tema che ci sta particolarmente a cuore, sarà fitto di citazioni e rifermenti perché oggi di crisi climatica si comincia a parlare molto. Un buon segno? Forse non proprio.

La crisi climatica in numeri

Come ben spiegato in un recente articolo di Greenme (testata web che molto prima di altri e con un livello di approfondimento che ancora pochi riescono ad avere si occupa di questi temi e andrebbe letta, ogni giorno), ormai è “impossibile negare l’evidenza. Le nostre emissioni hanno alterato in modo evidente gli equilibri climatici terrestri innescando una crisi globale probabilmente senza ritorno. Forse eravamo meno sensibili quando si parlava di isolotti del Pacifico cancellati per sempre dall’innalzamento dei mari, o degli orsi polari affamati e privati del loro habitat glaciale, ma la crisi climatica è sempre stata anche un nostro problema. Ora però il clima che cambia è venuto a bussare violentemente alle nostre porte”.

Il 2020, su questo fronte oltre, è stato particolarmente complesso e difficile. L’anomalia termica complessiva registrata – lo ha riportato Legambiente nell’ultimo bilancio del suo Osservatorio CittàClimaè stata di +1.5°C. La sesta più elevata degli ultimi 60 anni.

Inoltre, sempre nel 2020, in Italia si sono verificati:

  • 239 fenomeni meteorologici intensi(in crescita rispetto ai 186 del 2019)
  • 101 casi di allagamenti da piogge intense
  • 80 casi di danni da trombe d’aria (in forte aumento rispetto alle 48 del 2018 ed alle 69 del 2019)
  • 19 esondazioni fluviali
  • 16 danni alle infrastrutture
  • 12 casi di danni da siccità prolungata
  • 10 frane causate da piogge intense.

 

L’Italia è ancora tra i pochi Paesi dell’Unione Europea a non disporre di un piano d’adattamento al clima e a continuare la rincorsa ai danni anziché puntare sulla prevenzione” ha dichiarato Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente, a commento di questi dati. “Non c’è più tempo perdere, è ora di intervenire come chiede da tempo l’Europa mettendo in campo interventi efficaci e radicali per contrastare la crisi climatica. Come le buone pratiche che si stanno portando avanti in alcuni Comuni italiani, così come in Europa e nel resto del Mondo. Il Governo abbia il coraggio di mettere al centro del Piano nazionale ripresa e resilienza l’adattamento al clima di città e territori”.


Nello specifico: che rapporto c’è tra crisi climatica e coltivazione del riso?

Il riso è l’alimento base di centinaia di milioni di persone nel mondo. E la sua prosperità è strettamente connessa con il fenomeno dei cambiamenti climatici. Lo hanno rilevato studi di respiro internazionale ma anche indagini estremamente interessanti e puntuali di carattere nazionale.

Una recente ricerca condotta dagli esperti della North Carolina University, ad esempio, ha individuato e dimostrato l’esistenza di un collegamento tra l’aumento delle temperature medie e la minore resa dei campi di riso. In particolare, gli scienziati hanno esaminato 3 varietà di riso coltivate nelle Filippine. Quelle tradizionali, quelle “moderne precoci”, selezionate per ottenere rese più elevate, e quelle “moderne recenti”, sviluppate per resistere al calore e ai parassiti.

Secondo quanto rilevato dal team di ricerca, anche le varietà più recenti di riso – scelte proprio per sostenere meglio gli stress ambientali – presentano di fatto pochi vantaggi da questo punto di vista. E risentono come le altre degli effetti del riscaldamento globale.

(Lo studio che contiene questi dati si intitola “Quantifying the Yield Sensitivity of Modern Rice Varieties to Warming Temperatures. Evidence from the Philippines” ed è stato pubblicato sull’American Journal of Agricultural Economics il 4 marzo scorso. L’articolo che ce lo ha fatto scoprire è questo).

 

3 aspetti importanti da considerare

Il collegamento tra riso e clima è dunque reale e profondo.

Le risaie, infatti, prevedendo la presenza di un enorme volume di acqua su una superficie così ampia, sono in grado di fare da “volano termico”, ossia di intervenire sulla differenza tra temperatura diurna e temperatura notturna, smorzandola.

C’è poi da considerare il rapporto tra aumento della produttività ed aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, che provoca una vera e propria ‘fertilizzazione’ del riso. La tendenza ad aggiungerla, a questo scopo, alle coltivazioni in serra, sta infatti diventando molto diffusa. Il che rischia di avere delle derive pericolose.

Da ultimo, non può essere ignorato il ruolo delle risaie sull’effetto serra attraverso l’emissione di metano e di protossido di azoto.

Il metano si forma dalla decomposizione della materia organica come le radici e le stoppie del riso da parte di microrganismi che vivono nel suolo delle risaie, il quale, essendo ricoperto di acqua, è molto povero di ossigeno (ne parlavamo anche nell’articolo dedicato alla pacciamatura, che potete recuperare qui). Il protossido di azoto si forma invece dalle trasformazioni dell’azoto presente nei fertilizzanti.

Questi due gas hanno un potenziale di riscaldamento globale molto più elevato dell’anidride carbonica, rispettivamente di 25 e 280 volte. Ogni molecola emessa, quindi, risulta essere estremamente più dannosa per il clima di una molecola di CO2.

 

Un incontro speciale e un libro tutto da leggere

Le informazioni riportare nel paragrafo precedente, così puntuali e preziose, non sono farina del nostro sacco, ma hanno a che fare con un incontro speciale di cui abbiamo potuto godere nelle scorse settimane.

Ci riferiamo all’incontro con Roberto Mezzalama, che oltre a collaborare da anni con l’Università di Harvard conduce studi ambientali per grandi progetti infrastrutturali in tutto il mondo.

Il cambiamento climatico è qualcosa che Roberto osserva da tempo da tantissimi punti strategici, e in moltissime delle sue drammatiche declinazioni.

Quando lo abbiamo conosciuto, il suo libro “Il clima che cambia l’Italia. Viaggio in un Paese sconvolto dall’emergenza climatica (Einaudi) non era ancora uscito, e il nostro incontro ne è diventato – con nostra immensa emozione – una parte speciale.

Il volume, che vi consigliamo davvero di leggere, “raccoglie testimonianze dalla viva voce di chi già oggi è toccato nella sua attività quotidiana dalle trasformazioni in atto nel nostro Paese. È la narrazione di agricoltori, pescatori, guide alpine, maestri di sci, albergatori, guardie forestali. Insomma le persone che vedono una preoccupante accelerazione dei fenomeni che stanno cambiando i luoghi di cui si prendono cura”.

 

La nostra esperienza

Roberto, quando è venuto a trovarci, ci ha dato la possibilità di raccontare la nostra esperienza senza filtri.

In quell’occasione gli abbiamo parlato dei tanti errori commessi nei nostri primi 10 anni di lavoro (dei passaggi necessari per conoscere davvero le nostre risaie e adattare la tecnica colturale alle loro specifiche caratteristiche).

Gli abbiamo spiegato che la scelta di non utilizzare alcuna sostanza chimica – nemmeno quelle consentite in agricoltura biologica – ci porta a produrre un po’ meno riso per ettaro rispetto a chi coltiva in modo chimico.

Ma gli abbiamo anche specificato che questa differenza è compensata da almeno tre fattori diversi:

  1. Il primo ha a che fare con la scelta di produrre anche orzo e fagioli, con cui integrare il reddito
  2. Il secondo è il fatto che il riso biologico viene pagato meglio del riso coltivato in modo chimico, permettendoci così di avere una rendita proporzionalmente migliore
  3. Il terzo è collegato alla decisione di non acquistare né fertilizzanti né fitofarmaci, che ci permette di risparmiare davvero molto. Senza contare il carburante, che noi consumiamo in quantità decisamente inferiori. Una volta seminato il riso, infatti, non usiamo più il trattore fino alla raccolta. Chi coltiva in modo chimico deve invece entrare più volte nelle risaie per spargere fertilizzante e per il diserbo.

 

Conclusioni

Non possiamo negarlo: scegliere di praticare questo tipo di agricoltura e di inserire il clima tra le proprie priorità aziendali e non solo di vita è impegnativo. Richiede tempo, dedizione. E il più delle volte non ammette errori. Ma è necessario, è urgente. Ci riguarda tutti.