Rapaci a rischio estinzione: perché salvarli è un dovere

La vita di rapaci quali il barbagianni e il falco pellegrino è a rischio a causa di silvicoltura e agricoltura intensiva. Salvarli però non è un optional, ma un dovere di tutti.

 

Prima di tutto, una definizione

Una definizione efficace la fornisce il WWF. “Con il termine rapaci si intendono gli uccelli predatori diurni e notturni. Si tratta di due Ordini molto lontani da un punto di vista sistematico e solo apparentemente simili.

I rapaci diurni sono, fra tutti gli uccelli, i predatori per eccellenza e comprendono aquile, falchi, avvoltoi, nibbi, poiane e sparvieri.
I rapaci notturni invece sono i veri “signori della notte” e comprendono gufi, civette, allocchi e barbagianni. Questi uccelli hanno generalmente un piumaggio screziato che permette loro di confondersi con l’ambiente durante il giorno, dei grandi occhi capaci di vedere anche nell’oscurità e un udito eccezionale.

Tutti i rapaci sono accomunati nell’aspetto da alcuni tratti distintivi: dei robusti e affilati artigli e il becco adunco che gli permette di afferrare ed ucciderle le prede“.

La silvicoltura intensiva, l’utilizzo di pesticidi e fitofarmaci nell’agricoltura, il taglio non controllato dei boschi ed il bracconaggio sono le cause principali che hanno contribuito all’estinzione di molte di queste specie.
Una perdita inaccettabile, e che anche noi sentiamo davvero di dover contrastare.
Per questo motivo, ormai qualche anno fa abbiamo avviato un progetto per riportare il barbagianni nelle nostre zone. E più in generale ci impegniamo nella sensibilizzazione di quante più persone possibili al tema della salvaguardia delle specie a rischio.

Il barbagianni: un legame da ricostruire

Il barbagianni è un rapace notturno che abita le aree coltivate, nidifica prevalentemente in vecchi edifici di aree rurali come cascine, fienili, castelli e case abbandonate e si ciba di piccoli mammiferi (ratti, topi, arvicole, topiragno). Fino alla fine degli anni ’80 era molto diffuso nelle nostre zone. Poi è iniziato un rapido declino che ha portato la specie ad essere, attualmente, molto rara.

I motivi? Sicuramente l’impiego dei veleni anticoagulanti di 2a generazione usati per eliminare i topi.
I roditori che ingeriscono questi veleni muoiono infatti entro 3-14 giorni. Nel frattempo però si muovono in stato sempre più letargico, divenendo facile preda soprattutto dei barbagianni e dei gatti, che in questo modo perdono la vita a loro volta.
Un altro motivo che ha reso rara la presenza dei barbagianni nelle nostre zone è la scarsità di luoghi adatti alla nidificazione.

Quello del loro ritorno in Cascina è un obiettivo a cui teniamo molto, e che stiamo cercando di raggiungere:

  • evitando l’utilizzo di veleni. Al loro posto preferiamo le trappole ecologiche “a cattura multipla” che imprigionano i topi senza ucciderli, in attesa di liberarli lontano dalla cascina
  • installando, grazie all’intermediazione dell’associazione ambientalista Burchvif, una cassetta nido per barbagianni proprio vicino a noi.

 

Il falco pellegrino: un’altra storia di cui cambiare il finale

La pericolosità dei composti chimici di sintesi, come appunto il Ddt, per la salute degli organismi viventi fu denunciata per la prima volta da Rachel Carson nel 1962, nel suo seminale libro Primavera silenziosa. Secondo l’autrice il Ddt era responsabile delle gravi disfunzioni registrate nella riproduzione in diverse specie di uccelli. Tra queste il falco pellegrino, le cui popolazioni americane ed europee erano in netto declino nelle aree in cui l’uso del pesticida era più intenso. Il Ddt poteva avvelenare mortalmente l’animale, danneggiarne l’apparato riproduttivo o, in quantità minori, causare un assottigliamento del guscio delle uova a causa della carenza di calcio, con conseguente frattura delle uova durante l’incubazione.

Negli anni Settanta, in seguito al bando del Ddt, alla protezione dei siti di nidificazione e agli interventi di reintroduzione, le popolazioni di falco pellegrino ebbero una progressiva ripresa” (Fonte: Lifegate).

Il falco pellegrino, il cui piumaggio sul capo ricorda il copricapo scuro indossato dai pellegrini nel Medioevo (da qui il nome), è l’animale più veloce presente in natura.
Nonostante, infatti, la sua apertura alare non superi di solito i 110cm, il suo volo può raggiungere i 320 chilometri orari, superando in velocità addirittura il ghepardo africano.

Il DDT, come accennavamo prima, ha contribuito a una diminuzione drastica della popolazione dei falchi pellegrini, portando questa specie a rischio di estinzione. Oggi per fortuna questo problema sembra parzialmente rientrato, ma è fondamentale non abbassare la guardia. Come infatti spiegato sul sito della LIPU, “i falchi sono uccelli rapaci fondamentali per mantenere la biodiversità di molti luoghi, data la loro efficace azione di caccia nei confronti di varie specie di uccelli, che in eccesso potrebbero mettere a rischio l’equilibrio di determinati ecosistemi”.

 

Conclusioni

Questi argomenti, per noi che ci occupiamo di agricoltura biologica, potrebbero sembrare “fuori tema”, ma in realtà non lo sono affatto.
Riuscire a riportare il barbagianni in Cascina (oltre a parlare di specie a rischio) è molto più di un progetto, per noi. È una missione, un desiderio profondo che ha a che fare con ciò che ci sta più a cuore: la tutela della biodiversità, la ricostruzione dell’habitat e l’agricoltura ultra biologica che ci impegniamo ogni giorno a praticare.